L’INCENDIO DEL 1786 AL MONTE DI PIETÀ

Nella notte tra del 31 luglio del 1786 alte fiamme si levarono dalla via di San Biagio dei Librai, nel cuore del centro storico di Napoli. L’improvviso divampare dell’incendio colse di sorpresa gli abitanti che, increduli, si riversarono in strada nel tentativo di arginare il fuoco. La fonte di quelle improvvise e robuste fiamme era il deposito dei pegni del Monte e Banco della Pietà. Qualcuno aveva appiccato il fuoco al più antico degli istituti bancari napoletani. Ma chi?
L’incendio travolse parte del deposito, incenerendo numerosi pegni e oggetti di valore lasciati in custodia al banco. Anche l’archivio e le scritture contabili furono danneggiate dal fuoco e molti dei volumi andarono irrimediabilmente perduti. Così facevano annotare i governatori in seguito a quel terribile evento, ancora disorientati dalle proporzioni e dalle ignote cause di quello che avrebbe potuto tradursi in un evento disastroso per la vita del banco:
Essendosi in questa precedente sera de’ 31 luglio 1786, o per disposizione della Divina Providenza, per trascuragine, o malizia degl’ uomini, attaccato fuoco alla quarta Officina de pegni de panni del nostro Monte, ed essendosi subito prese le disposizione opportune dalla Truppa ed Artiglieria ivi accorsa, è riuscito facilmente di smorzarlo col danno solo di tre Officine de pegni di panni, e piccola parte dell’Archivio del Banco e Scrivania de pegni, cosicchè felicemente si è salvato il Banco, e tutto il prezioso a lui addetto, come anche la Guardarobba d’oro de pegni senz’interesse, che lode a Dio è rimasta intatta.

I documenti dell’archivio storico ricostruiscono nei dettagli gli avvenimenti di quei giorni, i provvedimenti concitati, le voci e gli interventi di cui si impegnò a riparare i danni e di chi immediatamente intervenne per calmierare gli effetti dell’incendio. Mance, regali, straordinari pagati agli impiegati per trascrivere il possibile dai libri rimasti danneggiati, sono gli elementi che concorrono a restituire una trama frammentata e affascinante in cui si intuisce il dolo di qualcuno, interessato al danno o alla ricompensa, ma non se ne identifica chiaramente il profilo.
Al signore Marchese Arezzo per distribuirli alle Truppe intervenute, ed impiegate nel nostro Monte in occasione dell’incendio, e ciò per le fatiche, ed assistenze delle medesime prestate in qualunque cosa è occorso per causa del detto incendio della notte de’ 31 luglio 1786 ducati 10.000

L’intervento repentino delle truppe, a pochi momenti dal divampare delle fiamme, e le laute ricompense ricevute dal marchese che le guidava danno avvio ad una serie di procedimenti opachi, di ulteriori regalie ed esborsi da consegnarsi ai soldati che restano di guardia al banco. Fu forse loro la responsabilità di quell’atto tanto grave? O forse di qualche impiegato colpevole di malversazione e preoccupato di nasconderne le tracce?
A Don Biase Giordano Orefice per prezzo cioè di ducati 120 di una lucerna, e due candelieri d’argento di peso libre 7 regalati per un piccol fiore all’Ingegnere Militare Marchese Montemayor e ducati 80 per prezzo di una scrivania con calamaio  regalata per un piccol fiore all’altro Ingegnere Militare Don Gaetano Pignalver, per li loro incomodi sofferti in occasione di detto incendio

Sullo sfondo rimangono gli straordinari e i compensi pagati per le fatiche straordinarie portate avanti dagli impiegati e dai giornalisti per ricopiare i volumi danneggiati e mantenere, per quanto possibile, intatta la consistenza dell’archivio del banco.
Al Soprannumerario Gaetano De Rosa in contro delle Fatiche sta facendo nello scritturare il Giornale del 2˚ semestre del 1732 incendiato tra gli altri, giusto l’ordine del Signor Don Michele Dentice Protettore Deputato