14 marzo 1656. A Geronimo Alberino ducati 45. E per esso ad Attanasio Parente dissero a compimento de ducati 47, atteso l’altri haverli ricevuti contanti per caparra et essere per lo prezzo di 420 pesi di calce ad esso venduti et consignati e portate a sue spese nel purgaturo di Nisita per la fabrica ha da fare in detto purgaturo d’ordine delli signori eletti di questa città.

QUARANTASETTE DUCATI
di Maria Teresa Sanza
La fabrica del purgaturo d’ordine era stata ultimata per i comandi del signore eletto di quell’ottina, dei quattrocento pesi di calce, Tonuccio, fabbricatore, ne aveva trasportati parecchi. Meglio la peste o i debiti? Quarantasette ducati, di soli quarantasette ducati aveva bisogno per sfuggire ai suoi creditori – pensò. Gli pesavano in mano più di quei quattrocentoventi chili di calce che aveva trasportato sulle spalle per la fabrica dell’ordine del purgaturo di Nisita, tutto il peso sulla sua coscienza. Ma Tonuccio coscienza non ne aveva.

 I quarantasette ducati non li aveva consegnati a Carmela, se li era tutti bevuti,  e quarantasette ducati gli esattori avrebbero strappato da quella casa se li avessero trovati. Sennò avrebbero prima strappato quei poveri e pochi averi e poi gli avrebbero strappato anche la vita, se l’avessero acchiappato.  E perciò Tonuccio fuggiva e fuggiva dal dovere  e i suoi passi risuonavano nelle viscere delle strade nauseabonde. Il caseggiato in cui si aggirava era divenuto un sol vicolo, ormai non distingueva più la via, il suo era un errare convulso, cercava riparo.

Il sudore lo avvolgeva, aveva sete quando sentì una voce spingerlo in un anfratto, sotto un minuscolo andito ove apparve il volto stregato di una donna. Allungò la mano, la sua in quella dell’altra, ed era già sotto un altro tetto, al riparo non solo dal debito ma dall’angoscia. Sentì anche lì odore di morte e non udiva più nulla se non una mano leggera che si posava sui suoi capelli unti. Uno sguardo e il corpo ebbro si adagiò funesto.

Sognò la casa, la paura, la fuga. Il fuoco non ardeva più. Quel poco che restava si stava consumando, Tonuccio sapeva, che presto sarebbero arrivati gli esattori e di quei quarantasette ducati lei non aveva visto neanche l’ombra.

– Adesso non posso restare più a casa – aveva detto, ed era ubriaco come al solito, aveva bevuto parecchio, gli puzzava l’alito e baciandolo in bocca Carmela avrebbe saputo dire quanti di quei quarantasette ducati s’era bevuto.

Maria Teresa Sanza è avvocato cassazionista  e professoressa, è dottore in “Scienze filosofiche e della comunicazione”, in “Teoria e filosofia della comunicazione” ed in “Scienze della Comunicazione”. Dottoranda di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Salerno (curriculum storico-filosofico).

Vive e lavora a Potenza. Ha pubblicato per i tipi della ESI di Napoli Le narrazioni della legge. Pratiche linguistiche e comunità interpretativa negli usi del diritto contemporaneo”, ESI, 2013. Frequenta a Napoli il laboratorio di scrittura creativa Lalineascritta di Antonella Cilento.