L’OMICIDIO CARAFA D’AVALOS

L’amore clandestino di Fabrizio Carafa e Maria D’Avalos ed il loro brutale assassinio per mano del Principe Carlo Gesualdo, celebre compositore cinquecentesco, sconvolsero la Napoli del 1590. Le vicende personali dei tre emergono dalle deposizioni raccolte in seguito all’efferato omicidio e dai documenti dell’archivio storico del Banco di Napoli. L’amore che sfuma, che si tramuta in noia e che suggerisce il tradimento, la violenta e improvvisa reazione del marito offeso, colorano la storia delle tinte burrascose della passione e della violenza.

Nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1590 il Principe di Venosa, Carlo Gesualdo, sconvolto dalla gelosia irrompe nella camera da letto della sua sposa, Maria D’Avalos, scoprendola in compagnia del suo amante, Fabrizio Carafa. In pochi istanti si consuma la terribile scena del loro omicidio. Il luogo che li vide amanti si richiude sui loro corpi straziati. Uno dei più famosi musicisti del cinquecento, conosciuto per i suoi struggenti madrigali, si rende protagonista di un crimine eclatante. L’accaduto avrà conseguenze gravissime sui rapporti delle famiglie coinvolte e costringerà il principe omicida in un solitario arroccamento nei suoi feudi in Irpinia.

L’intera vicenda ci viene restituita attraverso le testimonianze della servitù, coinvolta nell’intrigo amoroso e nella feroce vendetta del principe, e dai pagamenti che attestano il rapido, effimero amore che corse tra Carlo Gesualdo e la sua infedele sposa. Alcune delle serve, particolarmente legate a Donna Maria, vennero allontanate mesi prima del delitto come testimoniato dai documenti:

Banco dell’Annunziata partita di 11 ducati e 80 grana del 4 aprile 1588. Al signor Carlo Gesualdo ducati 11 e 80. Et per lui a Dorotea de Lione dissero per final pagamento di mesi 4 e giorni 22 che ha servito la signora Maria D’Avalos sua moglie.

Regali pieni d’affetto – quadri, stoffe e gioielli – divengono i sinistri presagi di un delitto che sconvolse la Napoli di fine cinquecento e che ancora oggi trova eco nelle leggende della città.

Banco dell’Annunziata. All’illustrissima signora Donna Maria D’Avalos e per lei a mastro Pascale di Lorenzo ducati 10, per un quadretto di panno di razza d’oro e d’argento con un Ecce Homo.

Grazie alle informazioni custodite nei volumi dell’archivio anche l’antefatto e l’aspetto più quotidiano di quello che divenne un evento traumatico per la Napoli cinquecentesca emergono dalle pieghe della storia, donandoci un volto più definito e umano dei suoi sfortunati protagonisti.