LA SCHIAVITÙ A NAPOLI TRA ‘600 E ‘700

Storie di vite e di persone, storie di libertà e di prigionia che legano le due sponde del Mediterraneo in una sorta di tremendo gioco di scambi e riscatti. Napoli è il cuore di questo mercato di carne e di anime, il centro in cui si definiscono di riscatti dei cristiani e in cui si acquistano i prigionieri “turchi”, come genericamente venivano chiamati i musulmani.
I documenti dell’archivio storico disegnano, con sconcertante precisione, i lineamenti e le caratteristiche di coloro che divenivano la merce di tale commercio. Restituiscono alla storia i loro sguardi, spesso i loro nomi.
ducati 125 a Andrea Guerriero per lo prezzo de uno schiavo turco nomato Mustafa di anni 20 incirca con poca barba signato in faccia del nome e cognome del detto Andrea.

Napoli appare come la grande piazza per l’acquisto degli schiavi, come il punto d’incontro privilegiato tra i Balcani ottomani, il Nord Africa e l’Europa cristiana. Per tutto il seicento e fino ai primi anni del settecento il commercio degli schiavi è un’attività fiorente che si alimenta delle costanti schermaglie e scorrerie che intercorrono tra i pirati barbareschi e gli stati cristiani. Molti degli schiavi venduti in Napoli, infatti, presentano i segni delle battaglie in cui hanno perso la libertà.
ducati 59,80 a compimento di ducati 60 prezzo d’uno schiavo bianco nomine Musa turco segnato in faccia con due lettere D et al braccio manco con una ferita sanata, de giusta statura d’anni 26 in circa. 17 dicembre 1620

Talvolta gli schiavi vengono venduti insieme ai loro figli, come un’unica carne, un’unica merce indivisibile. Madri e figli venivano catturati sulle navi ottomane o barbaresche intercettate dai corsari cristiani o dalla flotta del viceregno di Napoli.
ducati 100 a compimento di ducati 150 per l’intero prezzo d’una schiava chiamata Attice con uno schiavottello alla zizza chiamato Amet. 24 settembre 1661

Ma non solo il semplice acquisto degli schiavi rendeva Napoli protagonista in quella triste economia di prigionieri. Nei documenti dell’archivio storico si trovano le testimonianze di un’intensa attività volta a riscattare i cristiani caduti in stato schiavitù in Algeri ed in Tunisi. Le attività dell’Opera per la Redenzione dei Captivi passavano, infatti, per gli antichi banchi pubblici napoletani.
ducati 30  per final pagamento d’uno schiavo turco chiamato Maumet per mandarsi in Biserta per cambiarlo testa per testa con Giovanni Battaglia de Vincenzo che si trova in potere de torchi.

Tali attività consistevano nell’acquisto di schiavi, utilizzati poi per scambi persona contro persona, o nell’incetta di merci utilizzate poi per comprare la libertà dei cristiani detenuti in Nord Africa. L’intero Mediterraneo assistette a questa tela fatta riscatti, libertà negate e notevoli interessi economici e Napoli fu la porta obbligata attraverso cui transitarono i destini di migliaia di persone, schiavi o redenti.