LA BOTTEGA DI MONSÙ DESIDERIO
Il lento affermarsi di un gruppo di artisti lorenesi e fiamminghi a Napoli emerge da una lunga serie di documenti dell’archivio storico del Banco di Napoli. Pagamenti e commissioni quotidiane aiutano a tracciare il profilo puntuale di un nucleo familiare impegnato nel ritagliarsi la propria dimensione sociale in una città divenuta ormai un importante centro economico e artistico. Luise Croys e la sua famiglia lavorano e vivono a Napoli, entrando in contatto con altri artisti, napoletani e stranieri. La loro vicenda restituisce le incombenze e le necessità di una piccola bottega di pittori…
Banco dello Spirito Santo, 5 novembre 1596. A Giovan Battista Rota ducati 4,50. E per lui a Luise Croys pittore per mez’onza di azzurro oltramarino che l’ha fatto havere.
 
Dai costi dei colori, ai soggetti più richiesti dai piccoli e medi committenti. Quadri di imperatori, ritratti e panorami scandiscono le giornate del pittore originario di Metz. La vita della sua famiglia procede tra alterne fortune, tra piccoli e grandi lavori, fino al mancato matrimonio con Carlo Sellitto, promettente pittore napoletano, con una delle figlie di Luise. Sarà Francois Nomé, anch’egli di origine fiamminga e anch’egli pittore, a sposare una delle figlie di Luise. Questo controverso apprendista, specializzato nella realizzazione di atmosfere inquietante e di soggetti eterodossi, diverrà genero di Croys ed erede dell’attività della sua bottega.
 
Banco dello Spirito Santo, 28 maggio 1614. Al duca di Celenza ducati 40. E per lui a Luise Croys a compimento di ducati 50 per prezzo de quatri hauti da lui, atteso li altri ducati 10 per Banco del Monte della Pietà si pagano a Francisco di Nomé suo genero e resta totalmente soddisfatto.
 
Inizieranno allora a diffondersi le sue opere bizzarre e ornate di virtuosismi, distanti dai soggetti tradizionali che avevano fatto la fortuna del primo dei lorenesi di quell’attività pittorica. I pagamenti divengono meno frequenti, talvolta contengono clausole di avvertimento sulla bontà della realizzazione finale o sulla fedeltà del soggetto alla volontà di chi lo ha pagato. La bottega dei lorenesi a Napoli vive un periodo di trasformazione e difficoltà…
 
Banco di S. Giacomo e Vittoria, 9 giugno 1628. A Carlo Tappia marchese di Belmonte ducati 9. E per esso a Desiderio Barra pittore a compimento di ducati 20. E detti selli pagano in conto de dui quadri della città di Napoli de quali uno l’have consegnato et l’altro lo doverà consignare.
 
Con l’arrivo di Didier Barra, amico del fratello di Francois, la produzione della bottega cambierà ancora. Le luminose e brillanti vedute di Barra si intervalleranno alle cupe visioni di Nomé. Entrambi inizieranno a firmare i loro dipinti con lo pseudonimo di Monsù Desiderio. Il francesismo riferito ad un fantomatico “Messer Desiderio” creò nel tempo l’illusione di un artista dalla doppia personalità, combattuto tra i paesaggi architettonici di Barra e i cupi incubi di Francois. I documenti dell’archivio aiutano a seguire questa lunga parabola artistica e umana dalla nascita della bottega sino all’esaurirsi del lavoro di Didier Barra negli anni della peste.