#storiechecontano

Angelo Carasale

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I parteII parte

Avete vagamente idea di cosa significhi organizzare un vero #party? Dovete innanzitutto stendere la lista degli invitati. Partendo dall’alto, da quelli più importanti, e stando attenti a non dimenticare nessuno, ma anche alle preferenze degli ospiti più prestigiosi. Re e regina hanno la precedenza. Poi i ministri, la corte, i funzionari, le cortigiane. Ma non quelle malviste dalle signore dei vostri ospiti. Come in un castello di carte, basta una distrazione per rovinare tutto. Fatto questo dovete poi pensare al #catering. Banchetti di prim’ordine con cacciagione, selvaggina, frutta, dolci e coppe sempre colme di vino. Poi l’intrattenimento e la #musica, per la quale dovete scegliere la #band più in voga del momento. E le luci, i tavoli, gli allestimenti, dove li mettete? Poi dovete organizzare il parcheggio per le carrozze. I valletti, il personale e la sicurezza. Se pensate che organizzare un party epocale sia una cosa che potrebbe riuscire a chiunque, allora non sapete di cosa sto parlando.

Volevo che l’inaugurazione della mia gestione del Teatro San Bartolomeo fosse la festa più bella che Napoli avesse mai visto. Volevo che dei trampolieri, dei trapezisti e dei ballerini sospesi che avevo ingaggiato se ne parlasse a Parigi, Madrid e Londra. I miei angeli, li chiamavo. Volevo che nella testa dei miei invitati quella festa non finisse mai, solo così mi avrebbero ricordato come l’impresario capace di esaudire qualsiasi compito e far primeggiare l’immagine del Regno di Napoli nel mondo.

Funzionò. Il giorno dopo Carlo di Borbone mi convocò al Palazzo Reale per parlarmi a quattrocchi di delicate questioni di Stato. Venni nominato appaltatore delle reali fabbriche, dei castelli del Regno e della città di #Napoli, fornitore di #FuochidArtificio, viveri, munizioni e vestiario militare. Per farvela breve, da quell’incontro tornai a casa con un contratto che mai nessuno prima di me aveva avuto prima: l’incarico per ogni opera che avesse richiesto spesa pubblica, a partire dalla costruzione del #TeatroSanCarlo e della #ReggiaDiCapodimonte.

Grazie alle mie capacità, in poco tempo, da modestissimo figlio di un maniscalco fabbro ero arrivato a concedere prestiti ai nobili della corte. Mentre io gli permettevo di finanziare un #lifestyle degno del proprio rango, loro cominciarono a covare rancore nei miei confronti. Non mi ero reso conto che stavano già progettando la mia rovina.

Iniziò tutto con piccoli scossoni, ma sono quelli che danno vita alle valanghe. Fui accusato di giocare d’azzardo. Di mantenere con il denaro pubblico donne di malaffare. Di aver lucrato sull’organizzazione delle nozze Reali e della Grande Cuccagna organizzata alla Riviera di Chiaia. Arrivarono addirittura a sostenere di aver fatto sposare mia figlia con il Ministro della Marina solo per interesse.

Ero perseguitato dalle indagini, ma le mie spettacolari opere dovevano andare avanti. Alla fine dei lavori che mi erano stati affidati, il San Carlo era di una magnificenza tale che il San Bartolomeo, fino a quel momento il primo teatro della città, fu convertito in una semplice chiesetta, oggi chiamata chiesa della Graziella. Nemmeno questo bastò a fermare le dicerie.

Le luci che avevo acceso in città erano troppo accecanti per quel popolo di ingrati. Anche la Regina Maria Amalia si fece convincere dalle voci che le arrivavano, spingendo il Re a scaricarmi come un lacchè qualsiasi. Dopo essere stato al centro di tutto, mi ritrovai solo.

Quando i soldati vennero a bussare alla mia porta per rinchiudermi a #CastelSantElmo, mi accusarono di spendere il denaro del popolo “in fasti, giuochi, lussi e lussurie”.

Come se esistesse altro di più importante.